"Le muse inquietanti" di Giorgio De Chirico - 1918

La metafisica

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La metafisica è una scuola pittorica che si delinea a Ferrara nel 1917 dall’incontro di G. De Chirico con C. Carrà. L’anno successivo vi aderisce G. Morandi e, nel 1921, perde la sua importanza a causa anche dello sviluppo di Valori Plastici (movimento artistico orientato fin dall’inizio all’ordine e ai valori della forma rifacentesi alla tradizione del Tre-Quattrocento).

Effetto sorpresa e suggestioni immediate suscitate dal quadro sono la novità di questa scuola. L’atmosfera è quella di un incantesimo.

Il significato originario del termine metafisica è “trattazioni posteriori a quelle circa la natura” e indica una serie di scritti d’Aristotele riguardanti i problemi ultimi della realtà affrontati dal filosofo dopo quelli sulla natura. In seguito il termine è venuto ad indicare il contenuto stesso, l’argomento di tali scritti, vale a dire la dottrina dei principi primi e di ciò che è oltre la natura.

Dal punto di vista pittorico la metafisica aspira a superare i limiti del visibile e del reale, rivelando il significato inquietante degli oggetti attraverso il loro inconsueto accostamento in un clima di magica suggestione e di mistero.

Volto di Giorgio De Chirico

“Ritratto di Giorgio De Chirico” di Gabriele Donelli è in esposizione su PitturiAmo

La metafisica non si può definire un movimento pittorico vero e proprio perché non si fonda su un documento programmatico né assume la fisionomia di un gruppo. Essa prende inizio pressapoco intorno al 1912 e in quegli anni non ha ancora un’identità precisa, ma corrisponde ad una tappa particolare nell’evoluzione stilistica del lavoro di Giorgio de Chirico (1888-1978). Per alcuni anni de Chirico conduce la propria ricerca sostanzialmente isolato. Dal 1916 però, altri grandi artisti italiani ispirandosi alle sue opere, elaborano un loro linguaggio personale.

Il primo a seguire l’esempio di de Chirico è Carlo Carrà, che nel 1917 lo incontra all’ospedale militare di Ferrara. E’ la fine del Futurismo ad indurre anche Carrà al graduale recupero dell’integrità degli oggetti, alla “poetica delle cose ordinarie”: tale processo, avviato fin dal 1914, si conclude in piena stagione metafisica con dipinti come Il gentiluomo ubriaco, L’idolo ermafrodito, L’amante dell’ingegnere.

Quindi, è la volta di Giorgio Morandi che attorno al 1918 vede pubblicate alcune opere di de Chirico e di Carrà e giunge alla formula metafisica seguendo una logica interna alla sua ricerca formale, al di fuori d’immediate motivazioni storiche. Sta meditando sulla forma di Cézanne e sulla lezione purista dei “primitivi”, quando incontra la metafisica. Le sue nature morte del 1918 sono caratterizzate da manichini, sfere, squadre, ma nelle sue opere successive restano della metafisica soltanto la geometria delle composizioni, la severità della tavolozza e l’atmosfera assorta.

Tra il 1918 e il 1925, si accostano alla pittura metafisica anche Filippo De Pisis, Mario Sironi, Massimo Campigli, Felice Casorati e altri autori minori. E’ in questo periodo che la pittura metafisica assume i caratteri di “corrente” vera e propria.

Cerca su PitturiAmo falsi d’autore di Giorgio De Chirico

Filippo De Pisis (1896-1956) inaugura la sua stagione metafisica nel 1916 la quale copre sia gli ultimi anni trascorsi a Ferrara che quelli del soggiorno romano (1920-1924): Poeta folle, Natura morta con guanto, L’ora fatale. L’artista usa sovente il collage, secondo una tecnica derivata dal dadaismo, ma con intenzioni e risultati lirici non polemici.

Le opere di Morandi e di De Pisis sono meno cariche di tensione enigmatica rispetto a quelle di de Chirico.

A conferire alla Metafisica un inquadramento sul piano teorico è Alberto Savinio (1891-1952) fratello di de Chirico e anche lui pittore nonché poeta. Savinio nel 1914 scrive un poema intitolato “Les Chants de la Mi-Mort” dove annuncia la presenza d’uomini senza voce, occhi, volto: fantasmi che lo stesso poeta dipinse in un quadro a cui è stato dato il nome di “Senza titolo”.

Il sodalizio tra gli artisti non dura a lungo. Carrà, che proviene dal Futurismo, vuole stupire comunicando un’immagine o un oggetto quotidiano attraverso il rigore della forma come, per esempio, nella Musa metafisica e in Ovale delle apparizioni. De Chirico e suo fratello invece cercano un altro genere di suggestione più intima e filosofica. La rottura ideologica avviene nel 1919, dopo la pubblicazione del libro di Carrà “La pittura metafisica” in cui de Chirico non viene neanche citato.

Questa pittura si caratterizza per l’ordine e la chiarezza compositiva: le scene sono in pratica nitidissime, senza deformazioni. I quadri raffigurano oggetti e forme riconoscibili, collocati in spazi ben definiti dal punto di vista architettonico, ma i vari elementi appaiono coordinati in maniera assurda, apparentemente senza nessi tra loro. Ci troviamo davanti a palcoscenici su cui sono allestite rappresentazioni ambigue paradossali.

Gli oggetti della realtà sono usati per porre lo spettatore al di fuori di essa. Manichini, dorsi di sculture, giocattoli, bottiglie, scatole, sfere, strumenti d’artista, hanno fisionomie stilizzate e schematiche, contorni netti, superfici lisce e semplificate, chiaroscuro elementare e ombre perlopiù monocrome.

Quadro Metafisica Giorgio De Chirico - Ettore e Andromaca - 1942

“Ettore e Andromaca” di Giorgio De Chirico – 1942

Gli spazi che fanno da sfondo sono strutture architettoniche semplici. Piazze, torri, edifici senza età. Le prospettive sono forzate con linee di fuga improbabili, in tinte calde e terrose ( verde, bruno, terra di Siena, rosso, bianco).

Alla base della pittura metafisica si riconosce sostanzialmente un atteggiamento intellettuale. Essa nasce dall’intento dell’artista di creare un mondo che non appartiene alla realtà, capace di esaltare la bellezza intrinseca degli oggetti e della materia.

Ha un carattere ambiguo e paradossale. Gli oggetti del mondo reale sono accostati e combinati tra loro in maniera assurda. In questa maniera gli oggetti si spogliano dei loro significati abituali, l’opera perde il suo significato con la realtà e si colloca al di fuori di essa. C’è un senso di mistero e d’inquietudine che pervade la scena.

Per Giorgio de Chirico in particolare (greco di nascita e di formazione tedesca), l’uomo e il mondo sono un enigma. I luoghi sono sognati, solo apparentemente reali, tutto è immobilizzato: qui non possono abitare uomini, ma solo manichini, che degli uomini hanno l’aspetto, non l’essenza. Tra i quadri dell’artista ricordiamo Le Muse inquietanti, Ettore e Andromaca, Canto d’amore, L’enigma di un pomeriggio d’autunno, L’enigma dell’oracolo. Agiscono in lui elementi di cultura nordica non pittorica (Nietzsche, Schopenhauer, Weininger) ed elementi di cultura pittorica classicista e visionaria (N. Poussin, C. Lorrain, C. D. Friedrich) che lo inducono a creare un’atmosfera magica pur nella concreta individuazione delle singole presenze.

In conclusione possiamo affermare che il compito inseguito dall’artista metafisico è senz’altro quello di tradurre in immagini il lato enigmatico, o perlomeno oscuro, dell’esistenza.

Autore: Mario Salvo

Ho dedicato interamente la mia vita all'arte, fin dall'età di 12 anni, festeggiando nel 2016 i 50 anni di carriera artistica. Ho fondato l'associazione culturale ALETES Onlus e in qualità di Presidente e Docente e attraverso l'arte nelle scuole cerco di sostenere "diversamente abili" e le categorie socialmente deboli. Coinvolgendo organismi ed enti pubblici regionali, desidererei, assieme ad altri Maestri, ognuno nel suo specifico settore artistico, realizzare un’Accademia d’arte libera ovvero uno spazio nel quale poter gratuitamente insegnare, diffondendo, tra i tantissimi giovani e meno giovani che desiderino apprendere seriamente l’arte e le sue filosofie, i segreti di tecniche e professioni d’arte le quali, diversamente, andrebbero a beneficio di pochi eletti. Scopri di più su Mario Salvo

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